Il primo punto del Messaggio di papa Francesco al Capitolo Generale 28° dei salesiani è un invito a ravvivare il dono che hanno ricevuto. Ogni carisma non è qualcosa di morto che va custodito in un cimitero, ma un fuoco vivo che va continuamente ravvivato perché illumini e scaldi. Francesco afferma che «vivere fedelmente il carisma è qualcosa di più ricco e stimolante del semplice abbandono, ripiego o riadattamento delle case o delle attività; comporta un cambio di mentalità di fronte alla missione da realizzare» (Messaggio al CG28). Nessuno di noi deve semplicemente rifare quello che ha fatto don Bosco, quasi in una forma letterale e passiva. Questa sarebbe seguire una logica di “fedeltà ripetitiva”, tipica delle fotocopiatrici; diversa è invece la “fedeltà creativa” dello Spirito Santo, che è prima di tutto Colui che continuamente fa nuove tutte le cose. Quest’ultima evita sempre due estremi – «né adattarsi alla cultura di moda, né rifugiarsi in un passato eroico ma già disincarnato» – ed entra nel ritmo del discernimento, che solo può aiutarci a ravvivare il dono carismatico che abbiamo ricevuto (cfr. 2 Tm 1,6-7) (Messaggio al CG28).
Esso esprime anche l’impegno più genuino di fedeltà dinamica a Don Bosco, che ha voluto l’Associazione di Maria Ausiliatrice come un segno della sua riconoscenza alla presenza materna della Madonna nella sua vita e nella sua opera, e come una forma di vita cristiana centrata sulla conoscenza, l’amore, l’imitazione della Vergine Maria. Devozione secondo il cuore di don Bosco significa: affidamento, imitazione, passione apostolica ed educativa. “Irradiazione” richiama l’impegno ad essere “luce del mondo” (Mt. 5,14), a “portare il fuoco sulla terra” (Lc.12,49), a cooperare alla missione di Cristo per la salvezza delle anime sotto la guida materna di Maria, riconoscendo nell’Eucarestia la fonte ed il culmine di tutta la loro vita. Ragionare come Don Bosco, osservando la realtà che ci circonda, trattando le persone, e in primo luogo i giovani bisognosi, con amorevolezza, offrendo loro quello di cui hanno bisogno per essere in grado di crearsi un futuro promettente. Viviamo in tal modo, con l’aiuto potente dell’Ausiliatrice, la nostra fede che manifesta la presenza di Dio nel mondo. “Prendere Maria nella propria casa”. Educazione ed evangelizzazione famigliare alla scuola e nell’imitazione di Maria donna di casa. La vera devozione mariana fa della famiglia un luogo di accoglienza della vita e di educazione all’amore, alla fede e alla speranza. La sua icona biblica è quella della visitazione di Maria alla casa di Elisabetta e di Zaccaria e il suo tratto salesiano è quello dello spirito di famiglia che permea tutti gli aspetti e le relazioni della vita: essere Maria nella propria famiglia coltivando gli atteggiamenti dell’accoglienza, dell’ospitalità, dell’ascolto e insieme dell’aiuto concreto e della disponibilità generosa. La famiglia è nucleo fondamentale della società e della Chiesa. Il carisma salesiano nell’animazione della famiglia ritorna alle sue origini e la famiglia nell’incontro con lo spirito di don Bosco acquista dinamicità e gioia evangelica, nella pratica della pedagogia della bontà propria del Sistema Preventivo. In un contesto di emergenza educativa e di apostasia dalla fede è strategica una particolare attenzione alla situazione attuale della famiglia, soggetto originario dell’educazione e primo luogo dell’evangelizzazione. Tutta la Chiesa ha preso coscienza delle gravi difficoltà nelle quali essa si trova e avverte la necessità di offrire aiuti straordinari per la sua formazione, il suo sviluppo e l’esercizio responsabile del suo compito educativo. Per questo anche noi siamo chiamati a fare in modo che la pastorale giovanile sia sempre più aperta alla pastorale familiare. La bella e tradizionale pratica delle “Cappelle domiciliari” va proposta e vissuta in tale prospettiva. Maria desidera che le famiglie preghino unite; che i genitori preghino con i propri figli e dialoghino di più con loro, perché la preghiera è la medicina che cura tante ferite e infonde forza e speranza. Infatti, creando un clima di famiglia coinvolgente, all’interno e attorno alle sue opere, Don Bosco non solo diede origine a un particolare stile di rapporti interpersonali e di autorità, ma, guidato da Dio, fece sorgere un’identità carismatica condivisa e condivisibile, che si esprime nello spirito e nella missione salesiana. In tal modo, l’azione dello Spirito Santo guidò Don Bosco a dar vita a varie forze apostoliche, prime, ma non uniche, quelle da lui stesso fondate. Il suo progetto originale, non pienamente raggiunto durante la sua vita, restava come un dinamismo da sviluppare: la Famiglia Salesiana con i suoi innumerevoli gruppi ne è la prova storica evidente. Don Bosco aveva dunque iniziato la sua opera a favore dei ragazzi poveri, fondando la Congregazione salesiana (la cui sigla SDB significa Salesiani Don Bosco), quindi l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (la sigla è FMA), i Salesiani Cooperatori (SSCC), come anche l’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA). Ma tutto questo non era che il seme di cui parla il Vangelo; quel seme piccolissimo, che ha davanti a sé un grande avvenire: di diventare un grande albero. Questa immagine oggi per tutti i figli di Don Bosco è diventata un’icona, e tutti quelli che conoscono questa realtà parlano ormai con piena consapevolezza dell’“albero della Famiglia Salesiana”. Un vero ritorno a Don Bosco non può prescindere dalla devozione all’Ausiliatrice così cara al suo cuore apostolico e al cuore dei suoi successori. È un’eredità carismatica di Don Bosco da riscoprire e da promuovere soprattutto oggi, quando la lotta tra Dio ed il suo nemico diviene sempre più rabbiosa nel mondo inghiottito terribilmente da un secolarismo intento a creare un’umanità senza Dio, da un relativismo che soffoca i valori permanenti ed immutabili del vangelo e da un'indifferenza religiosa che resta imperturbabile di fronte ai beni superiori e alle cose che riguardano Dio e la chiesa. Questa battaglia fa innumerevoli vittime nelle nostre famiglie e tra i nostri giovani. La Vergine Maria sta tessendo un'immensa rete tra i suoi figli e figlie spirituali contro le forze del Maligno nel mondo intero, e prepara la vittoria del Figlio, Gesù Cristo. Siamo chiamati a fare nostro lo spirito di don Bosco per reinterpretarlo nel rinnovato contesto in cui viviamo e operiamo. Bisogna, da questo punto di vista, saper distinguere adeguatamente tra la “missione della Chiesa”, che è sempre la stessa per tutte le epoche e per tutti i territori, e la “pastorale della Chiesa”, che è sempre diversa in ogni tempo e nella diversità dei contesti. La missione di don Bosco è certamente la nostra missione – “essere segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani”, si potrebbe dire in forma sintetica – ma la pastorale dipende da molti fattori che oggi sono in continuo e repentino cambiamento. Per questo papa Francesco nel Messaggio al CG 28 inizia questo primo punto dicendo che «pensare alla figura di salesiano per i giovani di oggi implica accettare che siamo immersi in un momento di cambiamenti, con tutto ciò che di incertezza questo genera. Nessuno può dire con sicurezza e precisione (se mai qualche volta si è potuto farlo) che cosa succederà nel prossimo futuro a livello sociale, economico, educativo e culturale. L’inconsistenza e la “fluidità” degli avvenimenti, ma soprattutto la velocità con cui si susseguono e si comunicano le cose, fa sì che ogni tipo di previsione diventi una lettura condannata ad essere riformulata al più presto (cfr Cost. ap. Veritatis gaudium, 3-4)». Per la riflessione personale
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