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3a domenica di Avvento con san Francesco di Sales

8 dicembre 2022

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Questa terza domenica di Avvento da antica tradizione liturgica è chiamate domenica Gaudete dalla prima parola dell’antifona di ingresso tratta dalla lettera ai Filippesi (4,4).

 

Gioite! Ma si può comandare la gioia?

 

Certamente può farlo solo Colui che è il Dio di gioia, il nostro Dio, il solo che ci offre i motivi per una gioia che non delude e duri per sempre. E il primo, fondamentale motivo è quello che tutta la liturgia dell’Avvento ci ricorda: Egli viene, viene a portarci salvezza, ci viene incontro sempre per primo offrendoci la sua grazia. La gioia è Dio stesso che si dona liberamente a noi, non per qualche nostro merito, ma mosso esclusivamente dall’ecces­so del suo amore per noi, come ci è dato contemplare in questo Avvento: noi possiamo gioire perché il Signore è vicino.

 

Tutti desideriamo e cerchiamo la gioia. Ma accade di attendersi lagioia da cose che non la possono dare. C’è chi la cerca nelle ricchezze: resta non solo deluso, ma con l’animo pieno di angustia e di amarezza. Chi pensa che la felicità si trovi nel piacere non la troverà affatto: il suo cuore ne resterà avvilito e vuoto. Altri ancora credono di trovarla nel successo, nel far carriera, nell’occupare posti di potere, ma nemmeno su questa via si incontra la gioia, vi si trovano invece mille inquietudini e affanni che tolgono il riposo.

 

La gioia cui ci invita questa domenica di Avvento non è quella che sbandiera il mondo, chiassosa, frivola, che dissipa il cuore e finisce con lo stordire la mente e per lasciare dietro di sé amarezza e detriti. Non è neppure quel sentimento di euforia o di benessere che può coglierci quando siamo in forma o le cose ci vanno bene. È la gioia, frutto dello Spirito, quella che germoglia dalle virtù di fede, speranza, carità e ne come è il fiore che manifesta la loro vitalità e bellezza. Gioia che dà consolazione interiore e pace, che alimenta la pazienza nelle avversità, che ci rende cordiali e benevoli, attenti e premurosi verso il prossimo. Questa gioia sostiene il coraggio e la perseveranza nel bene, rende dolce la penitenza, aiuta a sopportare gli altri e a essere condiscendenti e miti. In una parola questa gioia è il sigillo della vera devozione e fa sì che tutta la nostra persona sia impegnata interiormente ed esteriormente nel santo amore.

 

La via su cui sboccia la gioia che non delude è quella del conformare man mano la nostra volontà a quella di Dio, dell’aderire e affidarsi a Lui. E il contrario di tale gioia non è il dolore, ma l’essere senza carità, il vivere fuori dalla grazia di Dio.

Cfr Trattato dell'amore di Dio XI, 19; OA XIII, 16; OA X, 18 ss

 

Dio ci ama, ci ama con tenerezza, si è fatto tutto nostro il dolce Gesù, se noi pure cercheremo di essere interamente suoi, di ricambiare amore con amore, potranno circondarci le tenebre e assalirci le tempeste, le acque dell’amarezza potranno arrivarci la gola, non avremo da temere perché lui ci terrà per il lembo del mantello (Opere complete A XIII, 93)

 

Rimani nella pace e distendi il tuo cuore nella soavità dell’amore divino senza il quale la nostra vita è priva di gioia. Non lasciarti andare alle tristezze, nemiche della devozione. Di che cosa deve rattristarsi chi vuol servire Colui che sarà la nostra gioia per sempre? Solo il peccato deve rattristarci, ma anche in fondo a questo dispiacere deve restare la gioia e la consolazione santa (XX, 31-32)

 

Riflessione a cura di suor Suor Maria Grazia Franceschini del Monastero della Visitazione - Moncalieri

 

 

 

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