QUANDO LA STRADA DELL’AMORE IN FAMIGLIA È IN SALITA
Il capitolo sesto di Amoris Laetitia porta come titolo “alcune prospettive pastorali”: una porta di ingresso che non dice immediatamente quello che andremo a trovare all’interno, anche se si intuisce che avrà a che fare con la vita quotidiana del “gregge”. I rimandi biblici di questo aggettivo ci fan pensare tanto ai pascoli verdeggianti quanto alla valle oscura, alle novantanove dentro con il pastore che non è con loro, bensì alla ricerca di quella che si è smarrita, fino a portarla sulle spalle con grande gioia. Pensare alle pecore fa pensare anche a lupi, mercenari, al pastore buono che dà la vita. Un mix pastorale di pace e di tribolazione affiora alla memoria. Non sono emozioni e immagini fuori luogo, pur se contrastanti, come introduzione a quello che Papa Francesco presenta in questo capitolo, con frequenti riferimenti al cammino sinodale di cui la lettera è stata coronamento.
Si parte con un luminoso riferimento alla letizia, come pieno di luce è il punto di arrivo del salmo del Buon Pastore: “Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita” (Sal 22,6).
200. I Padri sinodali hanno insistito sul fatto che le famiglie cristiane, per la grazia del sacramento nuziale, sono i principali soggetti della pastorale familiare, soprattutto offrendo «la testimonianza gioiosa dei coniugi e delle famiglie, chiese domestiche».[225] Per questo hanno sottolineato che «si tratta di far sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che “riempie il cuore e la vita intera”, perché in Cristo siamo “liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento” (Evangelii gaudium, 1).
Subito dopo si parla di un “amore forte, solido, duraturo, capace di far fronte a tutto ciò che si presenti sulla loro strada”. Il capitolo con franchezza presenta molte facce di “tutto ciò” che di difficile e sfidante le famiglie oggi si trovano ad affrontare.
Questa compresenza di letizia e di croce ha una parentela stretta con il pellegrinaggio da Betlemme al Golgota di cui è fatto il vangelo, e con la pagina che condensa in modo sublime questa buona notizia: le Beatitudini. Lì si coglie che il massimo della gioia, ripetuto per 8 volte: “Beati, beati, beati…”, e l’essere perseguitati, non sono o l’uno o l’altro, ma solo e sempre l’uno nell’altro, come lo sono croce e resurrezione.
Don Bosco, anzitutto con l’esempio della sua vita, si colloca su questa stessa lunghezza d’onda: “Camminate con i piedi per terra e con il cuore abitate in cielo”.
Il capitolo VI di Amoris Laetitia ci tiene con i piedi per terra, e va dritto verso la concretezza della vita quotidiana delle famiglie, dove le salite ci sono eccome, legate alle storie personali e alla forte incidenza dei contesti in cui le famiglie vivono, come è chiaramente emerso nei lavori sinodali.
AL 201. “Si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici, come l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni e violenza. Per questo va sviluppato un dialogo e una cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si impegnano, come cristiani, in ambito culturale e sociopolitico”. [Relatio Synodi 2014, 38]
Il cammino che ci viene proposto da Papa Francesco nell’insieme non si limita a elencare le difficoltà, denunciarle, sollecitare cambiamenti dall’esterno. Rimane saldamente in sintonia con il Vangelo, dove i processi più importanti riguardano anzitutto il cuore di ciascuna persona.
Un primo passo è quello di uno sguardo realista e insieme sereno sul limite che ciascuno di noi porta con sé e che non svanisce nel giorno delle nozze. L’incompiutezza non è una eccezione: è parte del percorso sempre e per tutti.
218. Desidero insistere sul fatto che una sfida della pastorale familiare è aiutare a scoprire che il matrimonio non può intendersi come qualcosa di concluso. L’unione è reale, è irrevocabile, ed è stata confermata e consacrata dal sacramento del matrimonio. Ma nell’unirsi, gli sposi diventano protagonisti, padroni della propria storia e creatori di un progetto che occorre portare avanti insieme. Lo sguardo si rivolge al futuro che bisogna costruire giorno per giorno con la grazia di Dio, e proprio per questo non si pretende dal coniuge che sia perfetto. Bisogna mettere da parte le illusioni e accettarlo così com’è: incompiuto, chiamato a crescere, in cammino. Quando lo sguardo verso il coniuge è costantemente critico, questo indica che non si è assunto il matrimonio anche come un progetto da edificare insieme, con pazienza, comprensione, tolleranza e generosità. Questo fa sì che l’amore venga sostituito a poco a poco da uno sguardo inquisitore e implacabile, dal controllo dei meriti e dei diritti di ciascuno, dalle proteste, dalla competizione e dall’autodifesa. Così diventano incapaci di sostenersi l’un l’altro per la maturazione di entrambi e per la crescita dell’unione. Ai nuovi coniugi è necessario presentare questo con chiarezza realistica fin dall’inizio, in modo che prendano coscienza del fatto che stanno incominciando. Il “sì” che si sono scambiati è l’inizio di un itinerario, con un obiettivo capace di superare ciò che potrebbero imporre le circostanze o gli ostacoli che si frapponessero. La benedizione ricevuta è una grazia e una spinta per questo cammino sempre aperto.
La pedagogia del limite accolto, che diventa occasione per andare oltre nel cammino, fa crescere quando più si tratta di una accoglienza reciproca e di un cammino fatto insieme, coniugi tra di loro, figli e genitori, fratelli e sorelle.
È un colore che troviamo molto presente nel quadro del primo oratorio di Don Bosco, che sempre crede nel potenziale di bene che si trova in tutti, anche dove i limiti possono essere molto vistosi.
"Siccome non v'è terreno ingrato e sterile che per mezzo di una lunga pazienza non si possa finalmente ridurre a frutto, così è l'uomo; vera terra morale, la quale per tanto sia sterile e resta, produce non di meno tosto o tardi pensieri onesti e poi atti virtuosi … In ogni giovane anche il più disgraziato avvi un punto accessibile al bene e primo dovere dell'educatore è di cercar questo punto, questa corda sensibile del cuore per trarne profitto”. (MB V, 367)
Sovente Papa Francesco usa l’immagine dell’artigiano: con pazienza e dedizione può nascere qualcosa di bello, nuovo, utile, anche senza avere il genio dell’artista e facendo tesoro di quanto si impara per esperienza, di cui lo sbagliare fa sempre parte.
Il trasformare i limiti in cammini di maturazione è un artigianato dell’amore familiare che tutti possono imparare ad esercitare.
221. Una delle cause che portano alla rottura dei matrimoni è avere aspettative troppo alte riguardo alla vita coniugale. Quando si scopre la realtà, più limitata e problematica di quella che si aveva sognato, la soluzione non è pensare rapidamente e irresponsabilmente alla separazione, ma assumere il matrimonio come un cammino di maturazione, in cui ognuno dei coniugi è uno strumento di Dio per far crescere l’altro. È possibile il cambiamento, la crescita, lo sviluppo delle buone potenzialità che ognuno porta in sé. Ogni matrimonio è una “storia di salvezza”, e questo suppone che si parta da una fragilità che, grazie al dono di Dio e a una risposta creativa e generosa, via via lascia spazio a una realtà sempre più solida e preziosa. La missione forse più grande di un uomo e una donna nell’amore è questa: rendersi a vicenda più uomo e più donna. Far crescere è aiutare l’altro a modellarsi nella sua propria identità. Per questo l’amore è artigianale. … In effetti, anche nei momenti difficili l’altro torna a sorprendere e si aprono nuove porte per ritrovarsi, come se fosse la prima volta; e in ogni nuova tappa ritornano a “plasmarsi” l’un l’altro. L’amore fa sì che uno aspetti l’altro ed eserciti la pazienza propria dell’artigiano che è stata ereditata da Dio
Il sistema preventivo di Don Bosco è una eredità carismatica a cui siamo tutti molto legati nella nostra famiglia: è come la fotografia con cui percepiamo l’atmosfera del primo oratorio di Valdocco, con Mamma Margherita, Don Bosco e i ragazzi di quei primi anni. Quando Don Bosco ne parla il suo accento va sul PREVENIRE, inteso come un venire prima, arrivare in tempo con ciò che fa del bene e fa crescere: se si semina il grano buono con larghezza e inventiva lo spazio per la zizzania si riduce.
Questa santa furbizia preventiva fa parte della pedagogia che Papa Francesco incoraggia ad attivare, cosicché i momenti di crisi, inevitabili e anche necessari, ci trovino preparati e capaci di trasformarli in opportunità, anziché esserne travolti.
224. L’amore ha bisogno di tempo disponibile e gratuito, che metta altre cose in secondo piano. Ci vuole tempo per dialogare, per abbracciarsi senza fretta, per condividere progetti, per ascoltarsi, per guardarsi, per apprezzarsi, per rafforzare la relazione. A volte il problema è il ritmo frenetico della società, o i tempi imposti dagli impegni lavorativi. Altre volte il problema è che il tempo che si passa insieme non ha qualità. Condividiamo solamente uno spazio fisico, ma senza prestare attenzione l’uno all’altro. …
225. Gli sposi che hanno una buona esperienza di “apprendistato” in questo senso possono offrire gli strumenti pratici che sono stati utili per loro: la programmazione dei momenti per stare insieme gratuitamente, i tempi di ricreazione con i figli, i vari modi di celebrare cose importanti, gli spazi di spiritualità condivisa. Ma possono anche insegnare accorgimenti che aiutano a riempire di contenuto e di significato questi momenti, per imparare a comunicare meglio. Questo è di somma importanza quando si è spenta la novità del fidanzamento. Perché quando non si sa che fare col tempo condiviso, uno o l’altro dei coniugi finirà col rifugiarsi nella tecnologia, inventerà altri impegni, cercherà altre braccia o scapperà da un’intimità scomoda.
226. I giovani sposi vanno anche stimolati a crearsi delle proprie abitudini, che offrono una sana sensazione di stabilità e di protezione, e che si costruiscono con una serie di rituali quotidiani condivisi. È buona cosa darsi sempre un bacio al mattino, benedirsi tutte le sere, aspettare l’altro e accoglierlo quando arriva, uscire qualche volta insieme, condividere le faccende domestiche. Ma nello stesso tempo, è bene interrompere le abitudini con la festa, non perdere la capacità di celebrare in famiglia, di gioire e di festeggiare le belle esperienze. Hanno bisogno di sorprendersi insieme per i doni di Dio e alimentare insieme l’entusiasmo per la vita. Quando si sa celebrare, questa capacità rinnova l’energia dell’amore, lo libera dalla monotonia e riempie di colore e di speranza le abitudini quotidiane.
Prepararsi alla crisi non è come firmare una polizza di un’assicurazione antincendio, che mette al riparo da un pericolo che può essere estremamente distruttivo ma che è assai improbabile che succeda.
La crisi è senz’altro parte della storia di ogni casa. “La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere, che sono anche parte della sua drammatica bellezza” (AL 232). Subito Francesco continua: “Bisogna aiutare a scoprire che una crisi superata non porta ad una relazione meno intensa, ma a migliorare, a sedimentare e a maturare il vino dell’unione. Non si vive insieme per essere sempre meno felici, ma per imparare ad essere felici in modo nuovo, a partire dalle possibilità aperte da una nuova tappa. Ogni crisi implica un apprendistato che permette di incrementare l’intensità della vita condivisa, o almeno di trovare un nuovo senso all’esperienza matrimoniale. In nessun modo bisogna rassegnarsi a una curva discendente, a un deterioramento inevitabile, a una mediocrità da sopportare. Al contrario, quando il matrimonio si assume come un compito, che implica anche superare ostacoli, ogni crisi si percepisce come l’occasione per arrivare a bere insieme il vino migliore”.
L’ultima frase del Padre Nostro parla di “tentazione”, che nel suo significato originale ha un senso più ampio e meno negativo: è il momento di prova, di crisi. Gesù ci insegna a chiedere al Padre di risparmiarci la prova, ma intanto l’intero cammino che lui fa con i dodici porta dritto lì, a una prova così intensa che diventa passione e morte. C’è poco da capire, secondo i nostri criteri, e tanto da seguire, come ha fatto lo sua e nostra madre, fino a stare sotto la croce.
È la stessa paziente perseveranza che lei chiede a Giovanni nel sogno dei nove anni: “A suo tempo tutto comprenderai”.
“Ogni crisi è come un nuovo ‘sì’ che rende possibile che l’amore rinasca rafforzato, trasfigurato, maturato, illuminato”. (AL 238)
Il capitolo VI parla con franchezza e realismo di molte possibili crisi, dove non è sufficiente né la buona volontà né l’esperienza del singolo.
È qui che lungo tutto il capitolo si insiste ripetutamente sull’indispensabile sostegno e accompagnamento reciproco che coppie e famiglie sono chiamate a rendersi. Tra tutte le forme in cui sposo, sposa e figli diventano finalmente i primi protagonisti della pastorale familiare oggi questa è forse la prima, la più potenzialmente efficace, la più necessaria, e anche la più salesiana. Essere “sacramento della presenza” tra famiglie è un modo splendido di vivere il sistema preventivo e il carisma di Don Bosco. Ma si questo parleremo nella prossima puntata.
PER LA RIFLESSIONE PERSONALE E DI GRUPPO
− La prospettiva evangelica dove beatitudine e persecuzione, dolore e nuova vita, crisi e rinascita sono così compresenti è già parte del mio/nostro orizzonte o è ancora piuttosto estranea?
− Nella santità della famiglia salesiana ci sono tante presenze che con la testimonianza della loro vita possono aiutarmi/ci a entrare di più nella dinamica pasquale che è parte di chiunque si mette al seguito di Gesù. Possiamo farci amici di una di queste presenze che ancora conosciamo poco.
− “Incompiuto, chiamato a crescere, in cammino”: lo si dice del matrimonio [AL 218] ma vale anche per il cammino personale di ciascuno. Come guardo i limiti miei e altrui? So andare oltre il fastidio e le recriminazioni, e con pazienza e misericordia (verso di me come verso gli altri) riprendere il cammino, fidandomi e affidandomi nella preghiera più che pretendo risultati rapidi e “a modo mio”?
− San Francesco di Sales è un grande maestro in quest’arte dell’accettazione del limite e della crescita nella pace. Qualche sua pagina può diventare un prezioso sostegno per questo tipo di conversione.
− Il sistema preventivo del prendersi cura delle relazioni quotidiane per arrivare insieme più forti e preparati agli inevitabili momenti di crisi. Sono il “darsi sempre un bacio al mattino, benedirsi tutte le sere, aspettare l’altro e accoglierlo quando arriva, uscire qualche volta insieme, condividere le faccende domestiche” e/o simili strumenti di “artigianato dell’amore” parte del nostro sistema preventivo?
− Non dimentichiamo altri tre fondamentali strumenti dell’artigianato dell’amore a cui spesso torna Papa Francesco: AL133 “Nella famiglia è necessario usare tre parole. Vorrei ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave! Quando in una famiglia non si è invadenti e si chiede ‘permesso’, quando in una famiglia non si è egoisti e si impara a dire ‘grazie’, e quando in una famiglia uno si accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere ‘scusa’, in quella famiglia c’è pace e c’è gioia”.
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