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20 – 22 GIUGNO. RITIRO ADMA. "INSEGNACI A CONTARE I NOSTRI GIORNI"

Dal 20 al 22 giugno, presso la suggestiva cornice della Casa Salesiana "Madonna dei Laghi" di Avigliana, si è svolto un ritiro spirituale dell’ADMA dal titolo "Insegnaci a contare i nostri giorni", guidato dall’animatore Spirituale don Roberto Carelli. Il titolo degli esercizi spirituali “Insegnaci a contare i nostri giorni”, ispirato al Salmo 89, è un'antica invocazione alla sapienza del cuore nella consapevolezza della caducità della vita. Questo ritiro, pensato per uomini e donne nel pieno della loro maturità, ha proposto una profonda meditazione sul senso del tempo, sulla crisi di mezza età e sul desiderio di orientare la propria esistenza alla luce della fede. Contare i giorni non è un esercizio aritmetico, ma spirituale. Non si tratta di fare il bilancio delle ore o degli anni, ma di imparare a vivere ogni giorno con consapevolezza, con gratitudine e con responsabilità. È la richiesta di imparare a dare valore al tempo, di riconoscerne la preziosità, di non sprecarlo in superficialità o rincorse inutili. È, in fondo, un invito a vivere ogni giorno come un dono, come un’opportunità per amare, per crescere, per convertirsi. Il Salmo 89, con il suo tono sobrio ma non disperato, guida verso un atteggiamento maturo: la consapevolezza della nostra finitezza non ci porta alla rassegnazione, ma ci apre a una sapienza nuova, capace di illuminare ogni giorno di significato.

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La prima meditazione del Sabato, “Come può nascere un uomo quando è vecchio”  ci ha ricordato che la “nascita” non è solo un fatto biologico, ma una realtà spirituale, un continuo divenire. Nasce chi si apre alla trasformazione, chi accetta di lasciare morire ciò che è vecchio dentro di sé per fare spazio a ciò che Dio vuole far germogliare. Nasce chi, pur nel peso della stanchezza e delle delusioni, sceglie la speranza e la fiducia. Un uomo “vecchio” può rinascere ogni giorno se si lascia toccare dalla grazia, se sa guardare il proprio passato senza rimpianti paralizzanti, ma con uno sguardo capace di riconoscere la presenza misteriosa di Dio in ogni passo. È un cammino di conversione continua, di apertura al nuovo che lo Spirito offre, anche quando la mente e il corpo sembrano dire il contrario.

La seconda meditazione: “Mai uomo ha parlato come parla quest’uomo” , tratta dal Vangelo di Giovanni (Gv 7,46), esprime una profonda ammirazione per la parola di Gesù, unica e irripetibile, riflettendo sul potere trasformante della Parola di Cristo, soprattutto in un tempo di crisi e di ricerca come quello dell’età adulta. Nel cammino di mezzo della vita, quando spesso ci sentiamo smarriti o stanchi, la parola di Gesù risuona come un richiamo alla fiducia e alla speranza. Non è una parola vuota, ma una parola vivente, capace di rigenerarci e di far nascere in noi un uomo nuovo, capace di affrontare la realtà con occhi di fede.

Questa meditazione ci ha spronato a porci in ascolto attento e umile, a lasciarci plasmare dalla Parola che ci sfida e ci conforta, che parla direttamente alle nostre ferite e ai nostri desideri più profondi. Solo così potremo vivere la crisi come un passaggio fecondo, trovando in Gesù la vera sapienza e forza per il nostro cammino. Nel silenzio della Domenica, mentre ci rivolgiamo al Signore con le parole del Salmo, ci sentiamo chiamati a riflettere su quel passaggio delicato che è la crisi dell’età di mezzo. L’uscita da questa crisi non è un trionfo immediato né una fuga veloce, ma un processo di accoglienza e trasformazione. È imparare a contare i nostri giorni con saggezza, lasciando andare ciò che non serve più e aprendo lo sguardo al dono nascosto in ogni esperienza, anche nelle difficoltà. È in questo spazio di fragilità che si fa strada la grazia, quella forza sottile che ci rende capaci di rinascere, di rialzarci, di ricominciare. Non siamo soli in questo cammino: il Signore cammina con noi, pronto a sostenerci e a guidarci verso una nuova stagione di vita, più autentica e ricca di senso. 

Nella terza meditazione: “Portò una mistura di cento libbre” (Giovanni 19,34-39), dopo la morte di Gesù, un soldato trafigge il suo costato, e ne escono sangue e acqua, segni profondi di vita e di redenzione. Ma insieme a questo gesto potente emerge la figura discreta di Nicodemo, uomo di fede e di coraggio, che porta una mistura di cento libbre di mirra e aloe per ungere il corpo di Gesù con rispetto e amore. Nicodemo non è un personaggio di primo piano, ma la sua presenza è fondamentale: egli porta con sé un peso, un gesto di cura e di devozione in un momento di dolore e di crisi profonda. La sua mistura è simbolo della fatica e dell’amore con cui ciascuno di noi porta i propri carichi, le proprie responsabilità, i pesi della vita quotidiana. La terza meditazione ci invita a riconoscere che, come Nicodemo, siamo chiamati a portare le nostre “cento libbre” non come un fardello che ci schiaccia, ma come un’offerta d’amore, affidandoci al Signore che trasforma ogni fatica in grazia. L’acqua e il sangue che sgorgano dal costato di Gesù ci ricordano che la sofferenza e la fragilità non sono mai vuote o inutili, ma diventano fonte di vita nuova quando le offriamo con fede. Nicodemo ci insegna il valore della delicatezza e della presenza silenziosa in mezzo alla sofferenza, un modello di chi, pur portando un peso, non perde la speranza e si fa strumento di cura e di rispetto. Anche noi, nel nostro cammino, possiamo imparare a consegnare i nostri pesi nelle mani di Dio, certi che ogni “mistura di cento libbre” diventa partecipazione al mistero di amore e redenzione di Cristo. Nel pomeriggio di sabato e domenica, dopo le meditazioni e il cammino interiore, si è fortemente sentita l’esigenza di ascoltare la voce dei partecipanti.


Tra le testimonianze più significative e toccanti quella di Letizia e Domenico. Letizia è madre di quattro figli, moglie devota e donna di fede profonda, ma anche una persona che, proprio come Nicodemo, conosce bene la fatica della vita quotidiana. Letizia vive una realtà complessa: accanto all’amore per la sua famiglia, si prende cura con dedizione di Domenico, suo marito, messo a dura prova da un incidente che lo ha ridotto a scarsa autonomia. Letizia inoltre si occupa con responsabilità dei suoi due genitori anziani. Nel mezzo di questo intenso impegno, lavora per sostenere la famiglia. Nonostante la stanchezza che a volte sembra travolgerla, Letizia non ha mai perso la speranza né la fiducia in Dio. La sua fede è il sostegno che le permette di affrontare le sfide quotidiane con coraggio e serenità. Nel suo racconto ha condiviso momenti di dubbio e di fatica, ma anche la scoperta di una grazia nascosta nella piccola routine, nella preghiera silenziosa, nel sostegno reciproco con i suoi cari. Letizia è un modello di come la fede possa diventare forza concreta e luce nelle giornate più difficili. La sua testimonianza ci ha ricordato che la crisi, il peso delle responsabilità e la stanchezza possono essere trasformati in un cammino di crescita spirituale, se affidati a Dio con cuore sincero. Altre testimonianze hanno messo in evidenza le reali difficoltà che le domande e le parole di Gesù, sottolineate durante il ritiro, suscitano nel cuore e nella mente.


Gli esercizi spirituali si sono conclusi domenica pomeriggio con la Messa solenne del Corpus Domini, celebrata nella cappella luminosa della Casa Salesiana. I canti corali hanno creato un’atmosfera di profonda gioia e solennità. Durante l’omelia, don Roberto ci ha ricordato che non siamo mai troppo avanti negli anni, troppo feriti o troppo stanchi per rinascere. Come Nicodemo, anche noi possiamo uscire dal buio e lasciarci portare alla luce. Possiamo imparare, giorno per giorno, a contare i nostri giorni non per ciò che manca, ma per ciò che resta da donare. Al termine della Messa, prima della benedizione finale, don Roberto ha chiesto alle coppie sposate di confermare il loro desiderio di restare uniti per sempre, nella prova e nella fedeltà, nella malattia e nella grazia, testimonianza viva che l’amore, anche provato, può restare saldo se fondato su Cristo.

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