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ATTO DI FEDE. AI FONDAMENTI DELLA VITA CRISTIANA.

Mio Dio,

perché sei verità infallibile,

credo tutto quello che tu hai rivelato

e la Santa Chiesa ci propone a credere.

Credo in Te, unico vero Dio

in tre Persone uguali e distinte,

Padre, Figlio e Spirito Santo.

Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio

incarnato, morto e risorto per noi,

il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna.

Conforme a questa fede voglio sempre vivere. Signore, accresci la mia fede.

L’Atto di fede fa parte di quella serie di preghiere caratterizzate dall’essere un atto, non un semplice testo. Si tratta di preghiere da fare, non soltanto da recitare, perché sono pensate proprio per far compiere quel che si sta dicendo. Così accade nell’Atto di fede: mentre lo recitiamo, siamo invitati ad assentire interiormente a ciò che le parole significano e, in tal modo, ci troviamo a compiere un vero atto di fede. Ci fa bene, ogni tanto, professare solennemente la nostra fede e riannunciarla anzitutto a noi stessi.


«Credo tutto quello che tu hai rivelato»

L’Atto di fede potrebbe condensarsi tutto nelle prime righe, che contengono virtualmente l’intera dottrina di fede: «Mio Dio, perché sei verità infallibile, credo tutto quello che tu hai rivelato». In fondo, l’intero Credo è contenuto in germe in questa frase. Al punto che la versione italiana dell’Atto di fede avverte l’esigenza di riprenderlo in forma sintetica, introducendo nella preghiera una sezione centrale che riepiloga le grandi verità della fede cristiana: il mistero trinitario («Credo in Te, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo»), il mistero dell’incarnazione e della redenzione («Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, morto e risorto per noi»), la destinazione ultima della vita umana, sottomessa alla verità del giudizio divino («il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna»).

Ma restiamo sulla frase iniziale: «Credo tutto quello che tu hai rivelato», proprio perché lo hai rivelato Tu, Dio, che sei verità infallibile. E credo tutto, perché la fede cristiana non è modellata sui gusti personali o sulle tendenze culturali del momento; la fede sta o crolla come una realtà totale, né si può selezionare cosa di essa ritenere e cosa invece dismettere o accomodare, sebbene naturalmente non tutte le verità di fede rivestano la medesima funzione strutturale.


La fede cristiana, però, non è un corpo di dottrine astratte. Una fede così non scalda il cuore di nessuno e non regge una vita, tantomeno anima la carità. Il «contenuto» della nostra fede, rivelata da Dio alla sua Chiesa, è il mistero stesso di Dio che si dà a conoscere, affinché la nostra intelligenza penetri in esso e colga quanto le è consentito indagare. Con la serena consapevolezza che ciò che di Dio arriviamo a conoscere è sconfinatamente meno di quanto resta da indagare. Ecco perché il mistero di Dio è inesauribile per l’intelligenza umana ed è oggetto di contemplazione mai ripetitiva!

Dio non stanca, non perché cambi o si inventi cose nuove per intrattenerci. Il mistero di Dio è quella miniera d’oro in cui più scavi, più si aprono sotto gli occhi nuovi filoni da esplorare con sguardo d’amore (San Giovanni della Croce); è quel «mare profondo in cui, quanto più ci entro, tanto più trovo, e quanto più trovo, più cerco» (Santa Caterina da Siena), senza che l’anima possa saziarsi definitivamente.

In un certo senso, si potrebbe dire che la fede cristiana cresce con noi: non perché muti nei suoi contenuti oggettivi, bensì si dilata a misura della nostra sensibilità spirituale, cosicché chi più cerca in essa, più troverà; il semplice non si sentirà schiacciato, il sapiente non ne sarà annoiato.

È consolante pensare che questa fede, su cui giochiamo la nostra unica vita, è garantita da Dio, Verità sussistente che non può errare, manipolare o ingannare. Allo stesso modo, anche il progresso nella comprensione credente del mistero di Dio ha la garanzia dell’autorità della Chiesa, la quale gode dell’assistenza infallibile dello Spirito Santo in materia di fede e di morale.


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L’Atto di fede prosegue infatti aggiungendo: «Credo … tutto quello che la Santa Chiesa ci propone a credere». Nessuna pretesa arbitraria: la Chiesa non potrebbe inventarsi nuove verità di fede, o rimuoverne a piacimento altre, semplicemente perché non ha l’autorità per farlo! La Chiesa, nella sua funzione magisteriale, è interamente a servizio della verità rivelata, che riconosce, esplicita, custodisce e all’occorrenza difende, perché venga conservata integra e sia dispensata fedelmente ai credenti di ogni epoca. È una questione di responsabilità verso le generazioni future, le quali, se giustamente hanno diritto a vivere in un ambiente sano, a maggior ragione hanno diritto a ricevere un insegnamento di fede completo e incorrotto.

«Conforme a questa fede voglio sempre vivere»

Molto è stato scritto sull’atto di fede, che è senza dubbio uno dei vertici delle umane possibilità, laddove intelligenza e volontà vengono spinte dalla grazia divina ad emettere un atto rigorosamente soprannaturale, eppure riservato proprio alla creatura umana. Un atto che ci introduce nello spazio di Dio, senza con ciò separarci dal nostro mondo e dai fratelli.

Ebbene, la conclusione dell’Atto di fede vuole propiziare un atto di questo tipo, e lo fa con un’espressione che ha il sapore di un impegno solenne, quasi un giuramento: «Conforme a questa fede voglio sempre vivere».

Colpisce questa fermezza. Non è la fede che deve modellarsi sulla vita, assecondando mode e rivendicazioni passeggere. Al contrario: è tutta la vita che è chiamata ad entrare nella forma della fede e a lasciarsi modellare da essa, in un cammino mai definitivamente compiuto finché siamo su questa terra. San Paolo lo esprime con chiarezza: «Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me» (Gal 2,20).

La vita umana, quand’è immersa nella fede, ne esce trasformata: la nostra personalità, lo stile dei rapporti, i pensieri ricorrenti, forse addirittura il nostro umore abituale, vengono attraversati da una luce nuova. La fede muta anche il nostro sguardo sulla realtà, lo dilata ben oltre la scena sottile che sta davanti agli occhi. Per chi ha fede, si spalanca un altro mondo che abbraccia il nostro piccolo mondo, un ordine di realtà ancor più affidabile, perché garantito da Dio.


Fede che la Provvidenza divina è all’opera, anche se esteriormente il mondo sembra sovente abbandonato a sé stesso.


Fede nel disegno di Dio che impercettibilmente avanza sulla nostra vita e si realizza attraverso i piccoli sì quotidiani.


Fede nel fare bene ogni giorno il proprio dovere, anche se potrebbe sembrare irrilevante.


Fede che ha senso sacrificarsi nascostamente, anche se nessuno su questa terra mai se ne accorgerà.


Fede che le sofferenze nascoste e le aspettative deluse non hanno l’ultima parola, e nemmeno la nostra morte. Per questo possiamo ripetere con fierezza: «In questa fede prometto di vivere e morire».


«Signore, accresci la mia fede»

La conclusione dell’Atto di fede è una supplica dal sapore evangelico: «Signore, accresci la mia fede». Riconosciamo la voce degli apostoli, quel giorno in cui, ascoltando gli impegnativi insegnamenti di Gesù, esclamarono attoniti: «Accresci in noi la fede!» (Lc 17,3-6).

Per un cristiano, la fede non è qualcosa da ricercare fuori di sé, ma una realtà che da sempre gli è familiare e che, almeno in certa misura, già possiede come fede battesimale.

Si tratta di una fede germinale, infusa in noi all’atto del Battesimo, che facilmente potrebbe smarrirsi nel corso della vita. La fede infatti, come tutte le virtù, è per natura sua dinamica: possederla ora non assicura automaticamente la sua permanenza futura.

Eppure la fede battesimale rimane in noi come un sigillo permanente e conserva il potere di riaccendersi vigorosa, anche a distanza di molto tempo, non appena trovi un minimo di disponibilità. Per questo ogni battezzato, qualunque sia la sua situazione spirituale, è invitato a supplicare: Accresci la mia fede!

Don Marco Panero, sdb

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