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LA NOSTRA FEDE, LA FEDE DEI NOSTRI FIGLI.“STATE SALDI NELLA FEDE” (1COR 16,13): LA FEDE E L’ESISTENZA.

L’uomo, un essere originariamente credente

Contro l’idea corrente che la fede sia facoltativa e soggettiva, o che addirittura mortifichi la ragione e la libertà, occorre considerare che, al contrario, l’uomo è un essere essenzialmente credente! È normale essere affidati, affidarsi ed essere affidabili. È cosa buona aver fiducia ed essere fiduciosi. È ragionevole ritenere che la realtà è avvolta dal mistero, ed è irragionevole pensare il contrario: le leggi di natura sono poca cosa rispetto alle leggi della libertà e dell’amore, le cose che più contano. Soprattutto, siamo fatti per amare, e l’amore, dove ci si appartiene e ci si prende cura gli uni degli altri, si nutre essenzialmente di fiducia. Non è infine banale osservare che è ragionevole affidarsi più a Dio che agli uomini: essi possono mentire e sbagliare, Lui no! E se gli uomini possono essere qua e là affidabili, solo in Dio possiamo riporre una fiducia che illumina tutta l’esistenza.


Tuttavia, può essere difficile credere, evitare di essere increduli e sospettosi, o creduloni e ingenui, perché credere è appoggiarsi alla parola e alla testimonianza di altri, è vivere senza sapere tutto e aver compreso tutto, e richiede di vincere l’ingenuità di basarsi sull’immediatezza del proprio sentire e pensare, e la pretesa di trovare sicurezza solo nell’evidenza dei fatti e dei ragionamenti, a ciò che si può toccare e misurare, vedere e padroneggiare: le cose più importanti della vita non sono oggetto di misura ma di desiderio, non soprattutto di ragione ma di decisione, non di calcolo ma di dono, non di controllo ma di coraggio.


Vanno subito chiarite un paio di cose.

1. Si conosce per evidenza e si conosce per testimonianza. Le due forme di conoscenza hanno la stessa dignità. Caso mai, la conoscenza per testimonianza (che comporta esperienza e competenza) è la più diffusa: sono poche le cose che verifichiamo di persona, quasi tutte sono verificate da altri. Di più: anche le cose che conosciamo per evidenza si fondano sulla testimonianza: altri ci hanno dischiusa la capacità di pensare, di parlare, di calcolare; altri ci hanno dato le chiavi di lettura degli eventi, dei testi, della storia, delle arti… Certo, entrambe le forme di conoscenza hanno i loro problemi: la prima dipende dalla nostra personale intelligenza, la seconda dall’affidabilità degli altri. Sono allora chiare le due cose: è normale dare affidarsi, è da vedere a chi dar fiducia.


2. Anche se da quattro secoli passa l’idea che la fede è alternativa alla ragione (con gravi danni sia per la fede che per la ragione: la fede perde suo riferimento razionale, la ragione perde il contatto col mistero), l’elementare analisi dell’esistenza ci dice che è normale per l’uomo intrecciare accertamenti e affidamenti, verifiche e testimonianze. Fede e ragione – diceva Giovanni Paolo II sono “le due ali” con cui l’uomo può spiccare il volo della conoscenza. Facile la verifica: il sospettoso e il credulone sono figure scadenti dell’umano.


Il cristiano, colui che crede in Cristo.

La fede cristiana si fonda su un Dio che in Gesù si è mostrato del tutto affidabile: un Dio buono e misericordioso, lento all’ira e grande nell’amore, un Dio che ci vuole sani e salvi, che non ci condanna ma ci assolve, che desidera stipulare con noi un’alleanza d’amore, e che per questo ha messo in gioco la vita del Suo Figlio Unigenito, un Dio che è solo luce

Nel cristianesimo la fede è l’organo della verità e della libertà: Gesù non chiedeva di credere ciecamente, ma diceva “vieni e vedi”, “attiva la tua libertà e la tua intelligenza”. La fede cristiana non è allora un salto nel buio, ma un salto nella luce: non è il contrario della ragione e della libertà, ma è la ragione e la libertà potenziati nell’incontro con Gesù, che è insieme il Logos (in greco significa “parola”, “ragione”) e il Filius (libertà: in latino “liberi” significa “figli”!). Ma poi, soprattutto, la fede è l’organo della verità, poiché “nessuno ha mai visto né conosciuto Dio, ma lui stesso si è rivelato. E si è rivelato attraverso la fede, alla quale soltanto è stato concesso di vedere Dio” (Lettera A Diogneto). In altre parole, nessuno può darsi da sé la vita eterna, nessuno può salvarsi da solo, e Gesù lo dice chiaro: “io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11,25). La fede apre le nostre possibilità e le apre al Dio dell’impossibile: la fede riconosce che non tutto è possibile all’uomo, ma “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37).


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Approfondiamo con Benedetto XVI:

Nel mondo pagano, affamato di luce, si era sviluppato il culto al dio Sole, Sol invictus, invocato nel suo sorgere. Anche se il sole rinasceva ogni giorno, si capiva bene che era incapace di irradiare la sua luce sull’intera esistenza dell’uomo. Il sole, infatti, non illumina tutto il reale, il suo raggio è incapace di arrivare fino all’ombra della morte, là dove l’occhio umano si chiude alla sua luce… chi crede, vede (LF1)


La fede sarebbe allora come un’illusione di luce che impedisce il nostro cammino di uomini liberi verso il domani. In questo processo, la fede ha finito per essere associata al buio… La fede è stata intesa allora come un salto nel vuoto che compiamo per mancanza di luce, spinti da un sentimento cieco; o come una luce soggettiva, capace forse di riscaldare il cuore, di portare una consolazione privata, ma che non può proporsi agli altri come luce oggettiva e comune per rischiarare il cammino (LF 2.3)


Richiamare la connessione della fede con la verità è oggi più che mai necessario, proprio per la crisi di verità in cui viviamo. Nella cultura contemporanea si tende spesso ad accettare come verità solo quella della tecnologia: è vero ciò che l’uomo riesce a costruire e misurare con la sua scienza, vero perché funziona, e così rende più comoda e agevole la vita. Questa sembra oggi l’unica verità certa, l’unica condivisibile con altri, l’unica su cui si può discutere e impegnarsi insieme. Dall’altra parte vi sarebbero poi le verità del singolo, che consistono nell’essere autentici davanti a quello che ognuno sente nel suo interno, valide solo per l’individuo e che non possono essere proposte agli altri con la pretesa di servire il bene comune. La verità grande, la verità che spiega l’insieme della vita personale e sociale, è guardata con sospetto… Rimane allora solo un relativismo in cui la domanda sulla verità di tutto, che è in fondo anche la domanda su Dio, non interessa più (LF 25)


È urgente perciò recuperare il carattere di luce proprio della fede, perché quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore. La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo. Perché una luce sia così potente, non può procedere da noi stessi, deve venire da una fonte più originaria, deve venire, in definitiva, da Dio… Da una parte, essa procede dal passato, è la luce di una memoria fondante, quella della vita di Gesù, dove si è manifestato il suo amore pienamente affidabile, capace di vincere la morte. Allo stesso tempo, però, poiché Cristo è risorto e ci attira oltre la morte, la fede è luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro "io" isolato verso l’ampiezza della comunione (LF 4)


La fede cristiana è adeguata tanto al desiderio di Dio quanto al desiderio dell’uomo, perché non dona solo la saldezza della verità, ma anche il movimento dell’amore: il contenuto della fede è precisamente la verità dell’amore.


Anche qui approfondiamo con Benedetto XVI:

Può aiutarci un’espressione di san Paolo, quando afferma: « Con il cuore si crede » (Rm 10,10). Il cuore, nella Bibbia, è il centro dell’uomo, dove s’intrecciano tutte le sue dimensioni: il corpo e lo spirito; l’interiorità della persona e la sua apertura al mondo e agli altri; l’intelletto, il volere, l’affettività. Ebbene, se il cuore è capace di tenere insieme queste dimensioni, è perché esso è il luogo dove ci apriamo alla verità e all’amore e lasciamo che ci tocchino e ci trasformino nel profondo. La fede trasforma la persona intera, appunto in quanto essa si apre all’amore. È in questo intreccio della fede con l’amore che si comprende la forma di conoscenza propria della fede, la sua forza di convinzione, la sua capacità di illuminare i nostri passi (LF 26)


All’uomo moderno sembra che la questione dell’amore non abbia a che fare con il vero. L’amore risulta oggi un’esperienza legata al mondo dei sentimenti incostanti e non più alla verità… Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido… Se l’amore ha bisogno della verità, anche la verità ha bisogno dell’amore. Amore e verità non si possono separare. Senza amore, la verità diventa fredda, impersonale, oppressiva per la vita concreta della persona (LF 27)


Sulla tua Parola

Lc 5,1-11 è l’episodio esemplare della fede, dove si impara la fede come il gettare le reti della vita non sulle nostre vedute ma sulla parola di Gesù

Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


Si mise ad ammaestrare – La fede è un organismo vitale e complesso, non si può ridurre a credere che Dio esiste, magari solo come convinzione soggettiva. Si fonda invece su Gesù, sulla fede di Gesù, cioè sul suo rapporto col Padre, che Egli conosce di persona in maniera eterna e storia, da Figlio di Dio e dal Figlio dell’uomo. E si fonda su ciò Gesù ha fatto: all’inizio della sua vita pubblica Gesù annuncia e inaugura il Regno di Dio guarendo, insegnando e chiamando, non una cosa senza l’altra.


Salì in una barca, che era di Simone – La barca di Pietro è prefigurazione dalla Chiesa: la fede è sempre personale (Simone, il pescatore) e sempre ecclesiale (Pietro, il pescatore di uomini).

Prendi il largo e calate le reti per la pesca – La fede si accende lasciandosi spiazzare dalla nostre vedute naturali e lasciandosi illuminare dalle vedute soprannaturali di Gesù.

Sulla tua parola getterò le reti – Fede è dare ragione a Gesù, dare credito alla parola di Gesù, aprirsi a una verità che supera la nostra ragione e nondimeno non è priva di ragione: “la fides è dotata di logos” (P.A. Sequeri). Ma la fede gode di una ragionevolezza superiore, poiché è una ragione aperta al mistero, precisamente al mistero di un Dio presente e operante.

Le reti si rompevano… allontanati da me – La fede apre all’esperienza della ricchezza di Dio e al riconoscimento della miseria dell’uomo, diventando così invocazione di pienezza e di salvezza.

Sarai pescatore di uomini… lasciarono tutto e lo seguirono – La fede chiede la conversione, la sequela, la missione.


Vivere di fede, educare la fede.

È radicale la mia fede in Gesù? È quotidiano l’ascolto della Sua Parola? So fidarmi, affidare, confidare?

In cosa la mia fede è malata? Dubbi, diffidenze, paure… netta separazione nei giudizi sulle cose di Dio e sulle cose del mondo (secolarismo), eccessiva identificazione fra le cose del mondo e le cose di Dio (spiritualismo)… sospetto sull’insegnamento del magistero della Chiesa e credito illimitato alle parole di qualche mistica…

Don Bosco ci ha consegnato il Sistema Preventivo: è ragionevole e religioso il mio amore, è dotato di buon senso e di senso di Dio?


Nell’educazione della fede ci sono almeno quattro lavori di base:

1. Accompagnare i ragazzi a riconoscere e gustare la ragionevolezza e la libertà della fede, mettendoli in guardia dalla tentazione di screditare la fede in nome dell’oggettività della scienza o della soggettività della coscienza: la fede dice no alla schiavitù del razionalismo e del relativismo, per cui sarebbe vero solo ciò che si pensa e ciò che si sente.

2. Custodire e promuovere la capacità simbolica dei bambini, che li rende capaci di rintracciare la presenza di Dio nelle cose del mondo, e rilanciare negli adolescenti e senso del mistero e invitandoli a tenere aperta la questione di Dio come questione di vita o di morte, di verità e di giustizia.

3. Metterli in guardia dallo screditare frettolosamente il patrimonio di fede ricevuto in famiglia e accreditare frettolosamente idee, modelli, obiezioni insinuati da compagni, insegnanti, media…

4. Indirizzare a dare un credito assoluto alla Parola di Gesù, che solo ha la pretesa di essere Via, Verità e Vita. la Parola di Dio è viva ed efficace, non è solo informativa ma performativa, opera ciò che dice!


Don Roberto Carelli sdb

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