M e P COME MATRIMONIO E PATRIMONIO
- Adma Don Bosco
- 15 ott
- Tempo di lettura: 5 min
Scriveremo poi su “madre” e “padre”, ma intanto cominciamo a dire che l’esistenza di un figlio, il suo presente e futuro, ciò che può già ricevere e poi ereditare, si fonda nel patrimonio di un matrimonio, in quella realtà profondamente umana, sintesi di natura e cultura, che è la famiglia: in essa, insieme alla presenza affettuosa e premurosa di una mamma e un papà, un figlio riceve la ricchezza di un’istituzione, il legame matrimoniale, e di una tradizione, il patrimonio culturale, una duplice ricchezza che lo vincola alle leggi della natura e della patria, e da ultimo alla legge di Dio, che nel suo disegno d’amore ha creato l’uomo e la donna e la loro fecondità a sua immagine e somiglianza. Perché di questo un figlio ha bisogno: non di avere gli occhi degli genitori puntati su di lui, ma di puntarli insieme a loro più lontano, sul mondo, sugli altri, su Dio!

Perché l’amore dei genitori è senz’altro la prima notizia di Dio, ma certo non è Dio! Accade però che da poco più di un secolo le forze del male hanno sferrato un attacco senza precedenti alla realtà della famiglia: la cultura dell’individualismo e dell’autonomia ha oscurato la figura filiale dell’uomo e indebolito tutti i suoi legami; la legittimazione del divorzio ha reso fragile il vincolo matrimoniale; le tecniche contraccettive hanno allentato il nesso di amore e vita; il delirio ideologico delle teorie e delle politiche di Gender tenta ora di confondere e cancellare la trama affettiva ed effettiva della vita umana trasformando il maschile e il femminile da dato a preferenza, e riducendo le figure di padre e madre a codici fungibili da chiunque. Purtuttavia, la posta in gioco in tema di famiglia è troppo grande per non impegnarsi a rilanciarla culturalmente e politicamente: «il fatto è che la famiglia – dice Sequeri – è la scena primaria dell’umano, e al tempo stesso il punto d’ingresso nella storia del mondo. Se questa istituzione diventa soltanto un gioco di ruoli, la sintassi della storia mancherà della sua grammatica generativa». Richiamiamo dunque alcuni elementi irrinunciabili di questa grammatica.
Fra natura e cultura
Ciò che fa da connettivo a tutta la vita familiare è anzitutto il “patrimonio” di una cultura, quell’insieme di verità e valori, credenze e costumi, monumenti e documenti che orienta il senso della vita dei genitori e consente di offrire ai figli un orizzonte di senso che è loro e più grande di loro, che precede la loro vita e non scompare con la loro morte, e rende la vita propriamente umana, tenendola al riparo dall’abisso del vuoto di senso. Non si tratta dell’offerta di qualche istruzione per l’uso della vita, ma di un atto di testimonianza che impedisce alla famiglia di essere autoreferenziale e all’educazione di essere autoritaria, che evita gli esiti tossici del “familismo”, dove gli affetti si consumano a circuito chiuso, e gli esiti ideologici dell’“indottrinamento”, dove lo stato pretende di dettare legge anche nella sfera prepolitica che dovrebbe limitarsi a tutelare. Altro aspetto costitutivo della vita familiare, quello che presiede alla stabilizzazione emotiva dei suoi membri, è l’istituto del “matrimonio”, quel vincolo non puramente affettivo ma anche civile, non solo naturale ma anche sacramentale, che protegge gli affetti dall’instabilità, dall’arbitrio e dal ricatto, e garantisce ai figli il bene prezioso di una comunità di amore e di vita, che in nessun modo è riducibile a un temporaneo esperimento affettivo. Va poi considerato che “patrimonio” e “matrimonio” segnalano il “munus”, cioè il dono e il compito, di un padre e di una madre. Da qui la necessità di dare risalto alla destinazione rispettivamente paterna e materna dell’uomo e della donna, alla specificità e irriducibilità delle figure di padre e madre, alla valorizzare del codice paterno e materno nell’educazione dei figli, in casa e fuori casa. Ancora, “matrimonio” e “patrimonio” alludono al fatto che – come ha osservato acutamente Lacroix nel bel libro I miraggi dell’amore – in famiglia occorre amare, ma non basta amare, che l’amore è essenziale, ma non si vive solo di ciò che è essenziale! Ciò che le madri e i padri richiamano in maniera particolare con i loro modi di essere e di fare è che in famiglia ci va amore e lavoro, spontaneità e responsabilità, affetto e rispetto, intese e regole; che occorre mettere in circolo il dare e il ricevere, il costruire e il custodire, l’esplorare e il riposare, l’operare e il contemplare.
Fra intimità e fecondità.
Già lo sapevano i filosofi antichi e i teologi medioevali: è proprio dell’amore non solo essere unitivo, ma anche diffusivo. Basterebbe questa considerazione per mostrare la saggezza della Chiesa, che da sempre, oggi con particolare chiarezza, insegna che non è bene dissociare l’aspetto unitivo e quello procreativo dell’amore sponsale: è in gioco l’integrità dell’amore! Il che, a ben vedere non è poca cosa, e il contrario non crea pochi guai. Infatti, quando l’amore è aperto alla vita e la vita è frutto dell’amore c’è gioia per tutti: per gli sposi è la gioia più grande, perché i figli sono il loro amore in persona! e per i figli è la gioia di sentirsi radicalmente amati, di essere stati concepiti in uno spazio amoroso e accolti come belli e buoni, desiderati e attesi! Ma un amore senza apertura alla vita: come eviterà di ripiegarsi in un egoismo a due? E una vita che non sia frutto di amore: come potrà sentirsi generata e amate, e non semplicemente riprodotta o programmata? Oggi vogliono farci credere che la fecondità può essere dissociata dall’intimità, ma allora perché i figli concepiti fuori dallo spazio sacro e naturale dell’amore sponsale vanno poi a cercare i genitori biologici? Davvero i corpi sono solo gli strumenti dell’amore? o è l’amore umano stesso che non vuole esistere se non incarnato?
Fra cielo e terra-
Viviamo in un’epoca che ha reciso le radici naturali e le radici soprannaturali dell’amore, consegnando così l’esperienza amorosa agli istinti individuali e alle manipolazioni sociali. Non a caso l’intuito educativo e lo sguardo profetico di un grande santo come Don Bosco, se da una parte vedeva nell’amore la chiave di volta dell’educazione, d’altra parte lo riteneva inseparabile dalla ragione, che garantisce il contatto con la realtà, e dalla religione, che propizia l’esperienza di Dio. Anche a questo proposito il matrimonio cristiano mostra la sua verità e superiorità affettiva: esso è dove eros e agape si danno appuntamento! dove il cielo e la terra, la compiacenza di Dio Creatore e la riconoscenza delle sue creature, si incontrano! dove le nozze terrene e quelle celesti si intrecciano per diventare una cosa sola! È del parere Dio stesso, che nel suo disegno d’amore ha voluto che il Figlio di Dio si facesse Figlio dell’uomo: davvero in Lui, come recita il salmo 84, la verità sarebbe germogliata dalla terra e la giustizia si sarebbe affacciata dal cielo!
Don Roberto Carelli sdb
(fonte: Roberto Carelli – Alfabeto Famigliare)



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